Venezia, XXIVème Biennale de Venise, giugno – settembre 1948, p. 255, n.17;
Parigi, Musée des Beaux-Arts de la ville de Paris, Société du Salon d’automne, settembre – novembre 1949, p. 51, n. 806;
Rio de Janeiro, Museu de Arte Moderna et Sao Paulo, Museu de Arte Moderna, Félix Labisse, n.12 (illustrato);
Buenos Aires, Instituto de arte moderno, Labisse, luglio 1950, p.8, n.11 (illustrato);
Knokke-le-Zoute, Grande salle des expositions du Casino Communal, Jeune Peinture Française, luglio 1951, n. 17;
Bruxelles, Palais des Beaux-Arts, Félix Labisse, gennaio 1953, n.36;
Liegi, Musée des Beaux-Arts, Félix Labisse, febbraio 1953, n. 53;
Colonia, Institut de France, Félix Labisse, novembre 1955;
Firenze, Art et Théâtre, 1957:
Parigi, Galerie Montmorency, Rencontre arts et lettres, 1959;
Knokke-le-Zoute, Casino Communal, XIII festival belga dell’estate, Félix Labisse, Exposition rétrospective, luglio – settembre 1960, n.29 (illustrato);
Mosca, Peinture française, 1961;
Castres, Musée Goya, Portraits d’artistes contaimporains du spectacle, 1964, n.4 (illustrato, ill. IV);
Charleroi, Palais des Beaux-Arts, Rétrospective Félix Labisse, febbraio – marzo 1969, n.54 (illustrato);
Malines, Cultureel Centrum, De menselijke figuur in de kunst, 1910 – 1960, settembre – novembre 1971, n.70;
Rotterdam, Museum Boymans-Van Beuningen, Félix Labisse, gennaio – marzo 1973, p.70, n.24 (illustrato, p.23);
Ostenda, Casino Kursaal, Labisse, 50 ans de peinture, giugno – settembre 1979, n.40;
Douai, Centre d’Action Culturelle et Musée de la Chartreuse, Félix Labisse, Rétrospective, settembre – novembre 1986, 122, n.21 (illustrato a colori, p. 57);
Paris, Bibliothèque Nationale de France, Renault – Barrault, marzo – giugno 1999;
Douai, Musée de la Chartreuse et Carcassonne, Musée des Beaux-Arts, Félix Labisse, 2005 – 2006, p.121, n.33 (illustrato a colori).
Bibliografia
Mizue, Tokyo, giugno 1952 (illustrato);
La Meuse, Liegi, 2 luglio 1960 (illustrato);
La Lanterne, Bruxelles, 5 luglio 1960 (illustrato);
Le Figaro littéraire, Parigi, 16 luglio 1960 (illustrato);
Le Soir, Bruxelles, luglio 1960 (illustrato);
Télémagazine, Parigi, 29 luglio 1967 (illustrato);
Volkskrant, Paesi Bassi, 17 febbraio 1973 (illustrato);
De Tijd, Paesi Bassi, 24 febbraio 1973 (illustrato);
Brachot, Labisse, Catalogue de l’œvre peint, Bruxelles, 1979, p. 126, n.230 (illustrato).
Nato nel 1905 nella cittadina francese di Marchiennes, Félix Labisse si trasferisce con la famiglia sulla costa belga all’età di 17 anni e di lì a poco, sottraendosi alla tradizione familiare che lo avrebbe voluto avviato alla carriera militare, si dedica alla pittura e con la sorella Antoinette fonda a Ostenda la galleria d’Arte Moderna, che insieme gestiranno per due anni. Il suo vero apprendistato come pittore avviene presso l’atelier dell’incisore belga James Ensor, mentre all’inizio degli anni ’30 si sposta a Parigi dove stringe amicizia con artisti del calibro di Robert Desnos, Antonin Artaud, Paul Éluard, Man Ray, Germaine Krull, Jean-Luois Barrault e i fratelli Prévert. Nonché con il poeta Christian Dotremont, sperimentatore della fusione di pittura e scrittura sulla superficie del quadro, che nel 1946 gli dedica una monografia. In seguito, Labisse si dividerà, sia sul piano privato che lavorativo, tra il Belgio e la capitale francese nei cui dintorni, precisamente a Neuilly-sur-Seine, si spegnerà nel 1982.
Oltre che nella pittura, Labisse si cimenta anche nella decorazione eseguendo lavori per il teatro, il balletto e l’opera. E sebbene non aderisse al gruppo costituitosi attorno alla figura di André Breton, la sua produzione si colloca indubitabilmente nell’ambito del surrealismo. Onirica, allarmante e popolata da creature ibride, essa rimanda alla natura inquietante dell’esistenza o semplicemente, se si vuole condividere il pensiero di Eugène Ionesco, “ci prospetta il mondo diversamente da come abbiamo l’abitudine di vederlo o di comprenderlo”.
La realizzazione del ritratto, qui presentato, di Jean-Louis Barrault (1910 – 1994) mentre interpreta il ruolo di Joseph K ne Il Processo di Franz Kafka, e la cui ispirazione è frutto della collaborazione del nostro autore con l’attore e registra teatrale, è databile al 1947, stesso anno in cui Labisse crea le scenografie e i costumi per un adattamento del romanzo da parte del premio Nobel Andrè Gide, diretto e interpretato da Barrault e proposto al teatro Marigny di Parigi, sede stabile della compagnia da Barrault stesso fondata. Si tratta del dipinto più straordinario della produzione di Félix Labisse e capace di coniugare la sua passione per il teatro con la sua singolare visione artistica; oltre che testimoniare il forte legame tra i due, come si evince da questa dichiarazione di Barrault: “creare un mondo, suscitare il sogno, vivere il sangue e l’amore, rifiutare la pesantezza, procedere per formule magiche, tradurre le metamorfosi, ecco ciò che rende Labisse un artista radicato nel tessuto del teatro. I suoi quadri ne sono una prosecuzione. Era quindi naturale per lui diventare anche un uomo di teatro, perché appartiene alla categoria dei pittori-poeti. Egli anima gli oggetti.” In questa tela, l’atmosfera surreale e da incubo de IlProcesso è esplicita. La tavolozza monocroma verde, l’assenza di presenza umana eccetto il soggetto raffigurato, il colore che pare invitare, come nel romanzo, a seguire il cammino della morte, sono tutti elementi che l’artista usa per illustrare questo mondo angosciante e assurdo al quale il protagonista deve far fronte, accusato ingiustamente di un crimine del quale non conosce nemmeno l’essenza. L’incarnato pallido, le labbra vermiglie e i lineamenti quasi scolpiti, sembrano i tratti di un automa e sintetizzano tutto il talento di Labisse: dare vita a una forte presenza scenica e al contempo esprimere la stranezza di un ritratto inanimato.