

Antonio MANCINI Roma 1852-1930
Provenienza
Collezione Rossi; Collezione privata, USA.
Bibliografia
A. Schettini, I grandi pittori dell’Ottocento Italiano, la scuola napoletana, Milano, 1961, vol. III, pl. LXVIII; A. Schettini, ibid., 1999, pl. LXXII;C. Virno, Antonio Mancini, catalogo ragionato dei dipinti di Antonio Mancini, Roma, 2019, p. 222, n. 289, illustrated.
Antonio Mancini è considerato uno dei più importanti pittori del XIX secolo, non solo in Italia, ma in tutta Europa. Per il pittore americano John Singer Sargent, suo grande ammiratore e sostenitore, Mancini era "Il più grande artista vivente in Italia". Come il suo amico Vincenzo Gemito, visse una vita tormentata, soffrendo di ricorrenti disturbi mentali. Le opere di Mancini sono caratterizzate dalla loro assoluta padronanza dell'esecuzione e dal loro forte impatto psicologico, radicato nel suo studio della pittura napoletana del XVII secolo e in particolare nel suo fascino per l'opera di Caravaggio.
Fig. 1
Fig. 2
Il presente Autoritratto e le due figure sul verso furono praticamente gettati sulla carta con rapide e impulsive pennellate a olio. Questa immagine penetrante che fissa senza battere ciglio l'osservatore appartiene alla serie dei cosiddetti Ritratti della follia, datati dal 1878 al 1882 e universalmente considerati dalla critica come rappresentanti l'apice della carriera di Mancini. Michele Sciuti ha spiegato che attraverso questi autoritratti Mancini ha analizzato, esaminato ed esplorato il suo fluttuante stato psicologico della mente attraverso quella che potrebbe essere descritta come una sorta di "diario" o "autobiografia" pittorica.[1] Tutte queste opere furono eseguite in un breve lasso di tempo, a partire dal 1878. I sintomi di instabilità mentale di Mancini si manifestarono per la prima volta nel momento in cui tornò a Napoli da Parigi, culminando in un anno di ricovero in un reparto specialistico dove fu sottoposto a terapia occupazionale.
Trovò pace solo dipingendo compulsivamente, con un senso di assorbimento molto carico. Ciò diede origine a opere altamente drammatiche, tra cui l'attuale Autoritratto della Follia, in cui Mancini, a faccia in giù, fissa intensamente e senza battere ciglio lo spettatore.
Il formato compositivo spoglio dell'attuale olio su carta suggerisce che fu eseguito, sebbene con molta più libertà, poco prima di tre specifici autoritratti: il primo del 1880 in cui ride in modo un po' maniacale dello spettatore (fig. 1);[2] il secondo in cui mastica uno stelo di grano;[3] e il terzo che mostra Mancini con i pennelli in mano, con la sua iscrizione dedicatoria datata 1882 (fig. 2).[4]
Insieme, questi quattro autoritratti sono senza dubbio i migliori della serie Autoritratto della Follia. Le figure monocrome del verso (fig. 3), anch’esse eseguite liberamente e rapidamente, riportano immediatamente alla mente gli straordinari monotipi di Mancini, rappresentati al meglio in un gruppo di grande interesse conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze.
Fig. 3 _ Studio di due figure verso
[1] M. Sciuti, ‘La malattia mentale di Antonio Mancini’, III of the journal L’Ospedale Psichiatrico fondato da Michele Sciuti, Napoli, 1947.
[2] U. W. Hiesinger, Antonio Mancini, Nineteenth-Century Italian Master, exhibition catalogue, New Haven & London, p. 41, fig. 22.
[3] Ibid., p. 41, fig. 20.
[4] Ibid., p. 45, fig. 23.
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