
JAKOB PHILIPP HACKERT PRENZLAU 1737-FLORENCE 1807
Provenienza
Lascito di Jakob Philipp Hackert; Karoline Luise di Sassonia Weimar Eisenach (1786-1816); Helene di Mecklenburg-Schwerin (1814-1858); Henri Robert Ferdinand Marie Louis Philippe d'Orléans, comte de Paris (1908-1999); asta Parigi, Drouot Richelieu (Raymond de Nicolay, Christian Delorme, Vincent Fraysse), 30 ottobre 2000, Souvenirs historiques provenant de la Succession de Monseigneur le Prince Henri d'Orléans Comte de Paris, no. 29. Per la provenienza più antica si veda testo sotto.
Bibliografia
Claudia Nordhoff/Hans Reimer, Jakob Philipp Hackert 1737–1807. Verzeichnis seiner Werke. 2 vols., Berlio 1994. – Cesare de Seta/Claudia Nordhoff, Hackert. Naples 2005. – Catalogue of the exhibition entitled Jakob Philipp Hackert, la linea analitica della pittura di paesaggio in Europa, curated by Cesare de Seta, Caserta, Reggia, 2007. – Catalogue of the exhibition entitled Jakob Philipp Hackert, Europas Landschaftsmaler der Goethezeit, curated by Andreas Stolzenburg, Weimar, Neues Museum, Hamburg, Kunsthalle, 2008. – Claudia Nordhoff (Hrsg.), Jakob Philipp Hackert, Briefe (1761–1806). Gottingen 2012, pag 272.
Dopo un periodo di studio a Berlino e tre anni passati a Parigi, Jakob Philipp Hackert arrivò a Roma nell'inverno del 1768. Cominciò subito a visitare le gallerie di quadri e le antichità ed a esplorare i dintorni della città, recandosi in escursione per esempio nei Colli Albani, nei Monti Sabini e Tiburtini. Le sue vedute ebbero ben presto successo, e attorno al 1780 Hackert era diventato il più famoso e richiesto paesaggista non solo a Roma ma in tutta l'Europa. Nel 1782 conobbe re Ferdinando IV Borbone di Napoli, al cui servizio entrò nel 1786 come primo pittore di corte. Rimase a Napoli stimato e onorato fino al 1799 quando, minacciato dagli eventi rivoluzionari, fuggì nel Granducato di Toscana. Si stabilì a Firenze, ricostruendosi una vita grazie alla sua sempre crescente abilità come pittore, ed infine comprò una villa con due poderi a Careggi vicino a Firenze dove si dedicò anche all'agricoltura. Hackert morì a Firenze il 28 aprile 1807; trovò il suo ultimo riposo al cimitero degli acattolici a Livorno.
Alla base della produzione pittorica di Hackert stanno degli schizzi eseguiti durante le sue escursioni, categoria alla quale appartiene anche il disegno qui presente. Esso fu eseguito nella Villa Borghese (anche nota come Villa Pinciana) a Roma, appartenente al principe Marcantonio IV Borghese (1730-1800). La data sul foglio, 1781, riporta ad uno dei maggiori incarichi ricevuti da Hackert durante i suoi anni romani: la decorazione del cosiddetto Salone (o Loggia) di Lanfranco al primo piano della Villa. Un contratto stipulato tra il pittore e il suo nobile committente, datato 7 aprile 1779, fissava la quantità dei quadri e i soggetti; si trattava di cinque grandi paesaggi da collocare alla parete di fronte alle finestre, e quattro dipinti più piccoli con motivi marini che andavano sistemati sopra le porte. Il lavoro era da terminare entro marzo del 1781. Hackert stesso considerava il ciclo una delle sue opere più importanti, parlandone con orgoglio anche nelle sue lettere. I quadri furono menzionati in seguito da diversi viaggiatori che li videro al loro posto; nel 1888 però furono distribuiti tra i discendenti di Marcantonio IV Borghese e rimossi dalla Villa Pinciana. Oggi si trovano in diverse collezioni private.[1] Il nostro foglio, eseguito nel 1781 e quindi a lavori praticamente compiuti, fu disegnato dall'artista probabilmente durante un momento di riposo. Protagonista è un grande pino marittimo la cui chioma larga viene messa a contrasto con la sagoma snella di un'abete al margine destro del foglio. Qui ci troviamo di fronte ad un “ritratto d'albero”, specialità di Hackert che si dedicò durante tutta la sua vita con meticolosità quasi scientifica alla resa delle specie d'alberi diverse, suddividendole nel suo breve trattato sulla pittura di paesaggio in tre classi – a foglio rotondo, lobato e oblungo – secondo le quali potevano essere identificati i singoli esemplari.[2]
L'albero però non viene mai mostrato soltanto per la sua bellezza ma anche come parte di un preciso paesaggio, documentato in modo realistico e quindi quasi sempre identificabile. Nel nostro caso si può precisare che Hackert ha preso la sua veduta da un punto di vista davanti alla Villa del principe Borghese in direzione est, in prossimità del Viale dei Daini: qui ancora oggi si vedono statue antiche, grandi vasi antichi e sfingi su piedistalli come mostrati nel primo piano del disegno (si veda ill. 1). Mentre le statue potrebbero essere state cambiate dai tempi di Hackert ad oggi, la sfinge ed i grandi vasi dalla forma arrotondata visibili nel disegno si trovano ancora in situ. Tra le chiome degli alberi in media lontananza si scorge un edificio con diversi annessi: questo è da identificare con una piccola villa suburbana oggi non più esistente che appare ancora in una mappa del 1870 al bordo della Via Pinciana (si veda ill. 2).[3] Subito a destra di questa villa si vede in lontananza un altro edificio appena abbozzato, caratterizzato da una fila di statue accennate sul tetto: qui si tratta di Villa Albani, raffigurata da Hackert in diversi quadri anche da vicino. Lo schizzo può essere definito quindi un esatto documento dei dintorni di Villa Borghese nel 1781: come tale occupa un posto importante nella memoria iconografica della Villa, offrendo uno sguardo insolito non tramandato in altre illustrazioni dell'epoca.
Il nostro disegno dimostra in modo impressionante la maestria di Hackert nel „trascrivere“ le sembianze di un paesaggio, concentrandosi sui dati per lui essenziali. Eliminando fattori come i colori oppure effetti di luce e ombra e quindi rinunciando alla plasticità degli oggetti, l'artista “annota” le particolarità delle contrade attraversate solamente con linee di contorno, riducendo la realtà visibile ad una struttura grafica che comunque comprende tutte le informazioni necessarie. Gli alberi, le statue e gli edifici sono resi con grande realismo e lo spettatore non dubita che sia i singoli dettagli raffigurati sia l'insieme della veduta corrisponda in ogni momento alla realtà.
Il fitto susseguirsi di forme diverse che caratterizza la parte elaborata dello schizzo è messo in contrasto con il primo piano lasciato libero ed il cielo alto e limpido indicato soltanto dalla carta vuota. Qui si manifesta la grande bravura di Hackert che in questo modo coinvolge lo sguardo dello spettatore: nasce un equilibrio artistico tra il mondo creato dalla penna e il vuoto risparmiato in modo deliberato che richiede la fantasia dell'occhio per essere interpretato come piazza oppure cielo.
Anche se alla prima vista il disegno potrebbe sembrare non finito, la sua freschezza e immediatezza insieme con la evidente sicurezza d'esecuzione ci convince di stare di fronte ad un'opera d'arte autonoma: questo conferma anche la firma di Hackert posizionata in modo ben premeditato, insieme con la data e l'indicazione della località raffigurata, quasi come se l'artista volesse confermare allo spettatore che secondo lui non ci sarebbe da aggiungere nient'altro allo schizzo e che il processo artistico sarebbe quindi da considerare compiuto.
I disegni a contorno come il nostro potevano essere rifiniti dall'artista nello studio con il pennello a seppia e venduto ai viaggiatori sul mercato d'arte. Molti di essi però Hackert tenne per se, visto che costituivano in un certo senso la sua memoria figurativa. Infatti scrisse in vecchiaia soddisfatto al poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), conosciuto a Napoli nel 1787:
“Non mi mancano i soggetti, ho fatto migliaia di disegni secondo natura con correttezza e quindi posso dire che ho quasi tutto lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli nelle mie cartelle.”[4]
Di questi “migliaia” di schizzi si è tramandata solo una parte: questo si spiega probabilmente con il fatto che i disegni elaborati con il pennello a seppia furono stimati di più non solo dai viaggiatori dell'epoca ma anche dagli acquirenti dell'Otto- e Novecento, e quindi è da temere che molti dei disegni a contorno andarono persi o distrutti. Facendo parte del gruppo dei primi schizzi del pittore e quindi del suo prezioso archivio di immagini, il nostro disegno già per questo fatto può essere definito importante. Guadagna di significato ancora di più per via della sua provenienza che conduce direttamente all'artista stesso.
Dopo la morte di Hackert il suo lascito, compresi i quadri e disegni, passò al suo cognato, il consigliere berlinese Friedrich Christian Behrendt (1765?-1838) che organizzò il trasporto da Firenze a Berlino. Da questa fonte proviene con la massima probabilità anche il foglio qui in esame. Esso fa parte di un gruppo di 32 disegni che sono riconducibili con certezza alla collezione della principessa Karoline Luise di Sassonia Weimar Eisenach (1786-1816), figlia del duca Carl August (1757-1828). La principessa nutriva un grande interesse per l'arte del disegno ed era molto cara al Goethe, da parte sua abile disegnatore e collezionista di disegni. Goethe era rimasto profondamente impressionato dall'incontro con Hackert nel 1787 e ricorda nel suo diario di viaggio tra l'altro un'escursione comune a Tivoli dove il pittore funse da maestro di disegno al poeta. Un carteggio dal 1803 prova il loro rinnovato contatto, e infine Goethe – che possedette una grande quantità di disegni di Hackert conservati ancora oggi a Weimar – si era fatto mandare gli appunti autobiografici dall'amico, elaborandoli e pubblicandoli nel 1811.
Goethe fu informato immediatamente dalla morte di Hackert nell'aprile 1807 dal giovane pittore Wilhelm Titel (1784-1862), ospite del famoso paesaggista durante gli ultimi mesi della sua vita, e avrà quindi saputo subito dalla possibilità di acquisire disegni dal lascito del defunto portato a Berlino dal consigliere Behrendt. Quest'ultimo da parte sua aveva già cominciato a Firenze a mettere in vendita le opere di Hackert e continuò con questo senza dubbi anche a Berlino.[5] Il gruppo dei 32 disegni dal quale proviene il nostro schizzo è composto da opere di tutti gli anni lavorativi di Hackert: questo indica che egli se li teneva come materiale di studio e che quindi si trovavano nella sua abitazione al momento della morte. Per di più ne fanno parte studi preparatori per la serie dei porti del Regno di Napoli, eseguiti per re Ferdinando IV, che l'artista non avrebbe venduto mai perché il “copyright” di questa serie apparteneva al monarca: infatti gli unici altri studi preparatori tramandati per questa serie si trovano al gabinetto delle stampe di Berlino dove giunsero per l'appunto dal lascito dell'artista. Possiamo quindi costatare con quasi assoluta certezza che i 32 disegni comprati da Karoline Luise provengano dall'eredità di Hackert e che l'acquisto fu svolto con la mediazione del Goethe, consigliere artistico della principessa e ben informato sul lato pratico del lascito di suo vecchio amico.
Quando la principessa nel luglio 1810 sposò il duca Friedrich Ludwig di Mecklenburg Schwerin (1778-1819) portò le opere con se nel matrimonio; più tardi avrebbe cominciato un'intensa attività come collezionista di disegni di paesaggio. Dopo la sua morte prematura i 32 disegni furono ereditati dalla sua figlia Helene Luise Elisabeth di Mecklenburg Schwerin (1814-1858) che da parte sua sposò il principe Ferdinand Philippe Louis Charles Henri Rosolin d'Orléans (1810-1842), portando le opere di Hackert in Francia. Il prossimo proprietario fu suo figlio Robert d'Orléans, duc de Chartres (1840-1910) che aveva sposato la sua cugina Françoise d'Orléans (1844-1925). L'erede era il loro figlio Jean Pierre Clément Maria d'Orléans, duc de Guise (1874-1940), marito di Isabelle Marie Laure Mercédès Ferdinande d'Orléans, e quindi seguì il loro figlio Henri Robert Ferdinand Marie Louis Philippe d'Orléans, comte de Paris (1908-1999). I disegni di Hackert furono venduti insieme con altre opere d'arte, divise, armi e costumi d'epoca e finirono presso diverse gallerie d'arte.
Il disegno qui in esame, eccellente per via della suo elaborazione artistica, guadagna d'importanza per il suo percorso storico e il collegamento con il Goethe e la corte di Weimar. Si può quindi concludere che può essere definito un prezioso arricchimento dell'opera di Jakob Philipp Hackert.
- Claudia Nordhoff
[1] Per il ciclo si veda Claudia Nordhoff, Jakob Philipp Hackerts Bilderzyklus für die Villa Borghese in Rom. In: Zeitschrift für Kunstgeschichte 61, 1998, p. 520-551; de Seta/Nordhoff 2005, schede 33 e 34, e Nordhoff 2012, p. 271-273.
[2] Il trattato viene citato per intero in traduzione italiana nel catalogo della mostra Il paesaggio secondo natura. Jacob Philipp Hackert e la sua cerchia. A cura di Paolo Chiarini, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1994.
[3] Filippo Troiani, “Carta Topografica del Suburbano di Roma desunta dalle mappe del nuovo censimento”. Si veda: http://www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it/iip/iipmooviewer.php?IDA=90&FTIF=254.tif (Archivio storico capitolino, no. 17719, 29).
[4] Lettera dal 10 maggio 1803 a Weimar, Goethe- und Schiller-Archiv. Citata da Nordhoff 2012, p. 194: “An Stof fehlet es mir nicht ich habe Tausende Zeichnungen nach die Natur mit richtigkeit gezeichnet, so das ich sagen kan, das ich beinahe den KirchenStat und daß Königreich Napel u Sicilien in meine Portefeuls habe.”
[5] Si veda un articolo sulla Gazzetta Toscana del 19 settembre 1807 dove si informa sulla possibilità di acquisire opere di Hackert offerta dagli eredi, cioè Behrendt (si veda Nordhoff 2012, p. 654).