

Antonio Mancini Roma 1852-1930
Provenienza
Ing. Ercole Norsi, Torino, 1934; in seguito pervenuta a una collezione privata, Milano.
Bibliografia
C. Virno, Antonio Mancini. Catalogo ragionato dell’opera. La pittura a olio, Roma 2019, cat. no. 418, pp. 274-275
Questo raffinato ritratto mostra un uomo elegantemente vestito a suo agio in un interno elegantemente decorato. Il piano del tavolo in porfido su cui si appoggia è disseminato di oggetti: dal piccolo libro su cui appoggia la mano destra a una ciotola di vetro a forma di smerlo, a una statuetta di donna seduta e a un bicchiere da cocktail a stelo alto (apparentemente in vetro soffiato di Murano). La luce del giorno entra da una finestra, attraverso la quale si intravede un paesaggio urbano, dipinto con una tecnica quasi divisionista. La calda luce del sole illumina una pesante doppia tenda, il cui motivo a fiori fa da sfondo alla scena come un arazzo.
Gli squisiti dettagli di questo ritratto dimostrano il dono supremo di Antonio Mancini nel tracciare connessioni significative tra i protagonisti dei suoi dipinti e l'ambiente circostante. La sua pennellata è abbagliante e, pur essendo descrittiva, non è mai banale, evocando i mondi in cui vivono e respirano i suoi soggetti, siano essi nobili, artisti o personaggi di strada.
A parte l'ambiente raffinato in cui è ritratto questo signore, non ci sono altri indizi percepibili per identificarlo: non c'è nessuna iscrizione sul retro della tela o annotazione nell'archivio Mancini, dove è conservata una fotografia del ritratto (Fig. 1).
Fig. 1
Fotografia del dipinto nell’Archivio Mancini
Nel suo recente catalogo ragionato delle opere di Mancini, Cinzia Virno ipotizza che il personaggio sia uno scrittore o uno scultore (per la presenza del libretto e della statuetta).[1] Nessuna delle due ipotesi è del tutto convincente, soprattutto perché l'inclusione di questi oggetti sembra decorativa piuttosto che emblematica. Virno propone provvisoriamente che l'uomo possa essere il giovane Henry James, per il quale Mancini dipinse due opere (entrambe oggi in collezione privata).[2] Ipotizza anche che il ritratto non sia quello citato nelle lettere di Mancini al pittore olandese Jean Jonas Jacobson, anche se il dipinto non è descritto in dettaglio (sappiamo solo che era a figura intera)[3].
È tuttavia convincente l'ipotesi che l'uomo ritratto sia il pittore americano John Singer Sargent (Firenze, 1856-Londra, 1925), che non solo frequentava Mancini, ma la cui somiglianza con il gentiluomo elegantemente vestito è indiscutibile se confrontata con numerose fotografie in cui Sargent appare in questo periodo: si veda, ad esempio, la fotografia che ritrae i due fianco a fianco nella tenuta di Wertheimer, vicino a Henley, nell'estate del 1901 (Fig. 2).
Fig. 2.
Particolare di una fotografia che mostra Mancini e Sargent.
La stretta amicizia tra i due pittori e il rispetto reciproco sono ben documentati, e Sargent ha notoriamente descritto Mancini come “il miglior pittore vivente” (Virno 2019, p. 23). Anche se non si sa con precisione come e dove si incontrarono per la prima volta, Mancini visitò regolarmente Parigi negli anni Settanta del XIX secolo e si dice che Sargent fosse spesso al suo fianco. Nell'estate del 1878 il pittore americano visitò la Campania, e verso la metà degli anni Ottanta del XIX secolo Mancini era ben inserito nella cerchia dei collezionisti internazionali che si erano stabiliti in Italia, grazie a Daniel Sargent Curtis e a suo figlio pittore Ralph Wormsley Curtis, entrambi parenti di Sargent.[4] In occasione della partecipazione di Mancini all'Esposizione Nazionale di Venezia del 1887, presieduta da John Singer Sargent in qualità di membro del comitato d'onore, i due pittori furono invitati da Curtis a cenare nella sua casa di Palazzo Barbaro, i cui interni furono splendidamente raffigurati una decina di anni dopo da Sargent (1899; Royal Academy of Arts, Londra). Anche lo scultore americano Thomas Waldo Story, che godeva di ottime conoscenze, era un amico comune: commissionò a Sargent un ritratto della moglie nel 1883, nello stesso periodo in cui Story concesse a Mancini l'uso del suo studio in via San Martino della Battaglia a Roma. La testimonianza più evidente della loro amicizia è tuttavia il ritratto di Sargent che ritrae Mancini, straordinariamente franco ed espressivo, conservato presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, che risale al 1901-2 (più o meno nello stesso periodo della fotografia della Fig. 2).
Inoltre, Sargent fu uno dei maggiori promotori di Mancini durante il soggiorno londinese di quest'ultimo tra l'estate del 1901 e l'autunno del 1902, soggiorno che contribuì a lanciare la sua carriera internazionale. Fu infatti Sargent che, insieme al pittore John Lavery (fondatore e vicepresidente della International Society of Sculptors, Painters & Gravers), si occupò personalmente dell'organizzazione di una mostra delle opere di Mancini nel 1899. Sargent promosse incessantemente Mancini anche tra i suoi conoscenti personali. Claude Pensonby, che ammirava le doti di ritrattista di Mancini e lo invitò formalmente a Londra per dipingere la sua famiglia, era amico sia di Sargent che di Curtis. Una nota del 1902 nel diario di Charles Ricketts descrive la portata dell'ammirazione di Sargent per Mancini, criticandolo per la sua incessante promozione del pittore italiano, disapprovata da coloro che non condividevano la sua passione per il ritrattista.
Per approfondire l'amicizia tra Sargent e Mancini, si veda Manuel Carrera, “Antonio Mancini in Inghilterra. Il rapporto con John Singer Sargent”, in Storia dell'Arte, N. 133-2012, pp. 153-180), la monografia di Cinzia Virno (2019) e il catalogo che accompagna una recente mostra al Metropolitan Museum of Art di New York, Sargent: Portraits of Artist and Friends (2015).
[1] Virno (2019) ha infine catalogato il ritratto come raffigurante un seduttore sconosciuto
[2] Virno 2019, cat. nn. 368-369, pp. 255-256.
[3] Mancini si limita a descriverlo come “un ritrattone grandissimo l'intera figura” (Virno 2019, cat. n. 410, p. 275).
[4] Per il ritratto di Daniel Sargent Curtis fatto da Mancini vedi Virno 2019, cat. n. 317, p. 234.
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