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IPPOLITO CAFFI BELLUNO 1809-LISSA 1866
VENDUTO
Altre immagini
Provenienza
Venezia, Collezione Italico Brass (1870-1943);
Milano, collezione privata.
Mostre
Le Peuple de Rome. Représentation et imaginaire de Napoleon à l’Unitè italienne, Ville d’Ajaccio, Palais Fesh, Musèe des Beaux-Arts, 28 Juin – 30 Septembre 2013, pag 196.
Bibliografia
Avon Caffi, Ippolito Caffi (1809-1866), Padova 1967.
G. Capitelli, Mecenatismo pontificio e borbonico alla vigilia dell’Unità, con un contributo di I. Sgarbozza, Roma 2011
M. De Grassi, “Scrivettimi qualchuna cosa della nostra Patria“. Ippolito Caffi e Belluno nelle lettere ad Antonio Tessari, in Caffi. Luci del Mediterraneo, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Braschi) a cura di A. Scarpa, Ginevra-Milano 2005, 43-53.
Caffi. Luci del Mediterraneo, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Braschi) a cura di Annalisa Scarpa, Ginevra-Milano 2005.
M.Pittaluga, Il pittore Ippolito Caffi, Vicenza 1971.
La piccola tela di Ippolito Caffi, talentuoso paesista bellunese attivo a Roma a più riprese dal 1834 al 1848 e poi di nuovo dal 1855, registra una delle manifestazioni più intense dell’entusiasmo suscitato nel popolo di Roma dal primo biennio di governo di papa Pio IX: la benedizione notturna del 10 febbraio 1848. In quella giornata memorabile, papa Mastai Ferretti, dopo aver promosso per la libertà di stampa e concesso l’amnistia per i reati politici, aveva infatti pronunciato la famosa allocuzione ai Romani su quanto compiuto dal suo governo, parlando del dovere di evitare disordini e dell’obbligo di impegnarsi alla concordia, e aveva terminato il suo discorso con la celebre invocazione « Benedite, Gran Dio, l’Italia ! ». La sera stessa, travolta da un’ondata di entusiasmo, la folla si era riversata sulla Piazza del Quirinale e il papa, affacciatosi dal balcone del suo palazzo in compagnia di laici, l’aveva solennemente benedetta.
Il pittore veneto, pure fieramente anti-clericale, aveva seguito con interesse e simpatia gli sviluppi del primo pontificato di papa Mastai Ferretti, come d’altronde andava facendo gran parte della comunità romana degli artisti (Capitelli 2011, pp. 20-22), tanto che nel carteggio che Caffi intreccia con l’amico Antonio Tessari si coglie il suo consenso nei confronti delle prime azioni del pontefice:“Prima tutto dispotismo, tutto tirannia, ora il popolo comanda, le leggi sono bene amministrate, tutti possono avvicinare il loro pastore!” (Belluno, Biblioteca civica, ms 740; M. De Grassi 2005) Qualche settimana dopo l’allocuzione ai Romani, dopo il 24 marzo 1848, data in cui Caffi aveva abbandonato la città eterna per trasferirsi a Venezia, spinto dal desiderio di partecipare in prima persona ai fatti del Risorgimento, l’artista scriveva al suo amico di avere terminato un dipinto dal titolo Dimostrazione popolare a Pio IX, di averlo esposto nella città lagunare, di averlo venduto, di volerlo realizzare anche in un formato più grande e di riproporsi di “ripetere lo stesso tema più volte”. Il modello originale su cartoncino che registra la prima versione del dipinto non ancora rintracciato (ma già in collezione Avon Caffi) dovrebbe corrispondere all’esemplare del Museo Correr (Cl. I, 591) che reca l’iscrizione “L’ultima dimostrazione fatta a Pio IX il 10 febbraio 1848”. Il soggetto dovette riscuotere un successo tanto ampio che al pittore furono richieste varie versioni, tutte di alta qualità (Pittaluga 1971, p.58; A.Villari, scheda X.1, in Roma 2003, Maestà di Roma, p.240; A. Scarpa, schede 51,52,53 in Roma 2006, Caffi. Luci del Mediterraneo, pp. XX; S. Arangio, scheda 2, in Roma 2010, Il Risorgimento a colori, pp.111-112).
Nella piccola tela qui esposta, Caffi incentra la propria attenzione sui giochi di luce provocati dalle fiaccole e dai falò sulle facciate del palazzo del Quirinale e della Consulta e sulle sagome dell’obelisco e dei Dioscuri, centro simbolico della romanità. Cruciale nel dipinto è la raffigurazione della folla del popolo, che agita le braccia e sventola i cappelli in festa, mentre le aste metalliche delle bandiere scintillano tra i bagliori delle fiamme. In una visione di sogno, costruita attraverso violenti passaggi chiaroscurali e una cromia vivace, l’artista ci consegna un documento vivo e poetico della partecipazione del popolo di Roma alla politica, registrandone l’alta temperatura emotiva in un momento speciale del consenso papalino, che sarà presto contraddetta dalle successive azioni di papa Pio IX e troverà esito nella breve ma intensa stagione della Repubblica Romana.
Giovanna Capitelli
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