Ugo Celada, nato a Cerese di Virgilio, un piccolo comune vicino a Mantova, fin da bambino disegna talmente bene da convincere il padre a iscriverlo, a soli dodici anni, alla Regia Scuola d’Arte Applicata di Mantova, dalla quale passerà, grazie a una borsa di studio, all’Accademia di Brera; qui apprezza in particolare le lezioni del pittore Cesare Tallone, autore di ritratti dipinti a fil di pennello, di notevole espressività.
Il suo esordio ufficiale nel mondo dell’arte, con il nome di “Ugo Celada da Virgilio”, avviene alla Biennale di Venezia del 1920; le sue tele, caratterizzate da un realismo ossessivo e quasi fotografico, vicino al linguaggio di Cagnaccio di San Pietro e Antonio Donghi, ottengono un gran successo di critica e di pubblico, tanto che Celada tornerà per altre tre volte, nel 1924, nel 1926 e nel 1936 alla rassegna veneziana. Tra l'altro nel 1926 sarà celebrato dal famoso pittore e critico francese Émile Bernard, l'allora Presidente della Giuria, scopritore di Cezanne e Van Gogh, come il maggiore autore italiano, suscitando grandi invidie da parte dei suoi colleghi.
Si avvicina al gruppo Novecento e con loro nel 1930 espone alla Galleria Amadei di Milano. Se ne allontana solo un anno dopo quando firma con Bresciani, Nodari Pesenti, Moretti Foggia, Lomini e Arrigo Andreani un manifesto antinovecentista che denuncia il monopolio della cultura di regime, pubblicato sul giornale “Il Regime Fascista”. Il dissenso e soprattutto la firma nel 1931 al manifesto antinovecentista, risultano fatali per la sua carriera, iniziata in maniera fulminea e brillante. Censurato, emarginato dal fascismo, vivrà di fatto isolato ma il suo lavoro continuò immune alle critiche ufficiali; pubblicamente condannato dal regime e dal fascismo, poté sempre contare su una vasta ed altolocata cerchia di mecenati che non smisero mai di commissionargli dipinti.
La sua attività si colloca a metà strada tra il Realismo Magico e la Nuova Oggettività, divenendo uno tra i maggiori esponenti della pittura figurativa, caratterizzandosi per uno stile del tutto atipico e personale. Qualcosa di eterno e “metafisico” lega tra loro le sue opere, che del resto si collocano rigorosamente nell’ambito dei “generi” della tradizione accademica: il ritratto, il nudo, il paesaggio, la natura morta. La luce che pervade le sue tele, riflessa dai corpi femminili morbidamente levigati o dai vari oggetti che si affollano nelle nature morte iconicamente perfette, è irreale perché tutto ciò che appare è come congelato in una visione incantata, silente, immersa in un tempo infinitamente dilatato. La magia cromatica creata dalle pennellate trasparenti e invisibili è il punto di forza della sua pittura.
Ugo Celada rappresenta la reale punta di congiunzione tra la Metafisica, il Realismo Magico, la Nuova Oggettività, il Novecento. Quattro movimenti apparentemente distanti, che in lui si esaltano e si completano.
Le sue opere attestano un interesse per il dato costruttivo, plastico e portante delle figure, inserite in un’ambientazione estraniante. Lo stile di Celada è fedele alla realtà nei colori, nei riflessi e nelle trasparenze. La sua è una realtà scientificamente esatta, il disegno è preciso, lo stile analitico e distaccato, eppure i suoi dipinti sembrano essere costantemente la messa in scena della realtà. La sua pittura tende non alla rappresentazione della realtà, ma piuttosto alla sua costruzione. Ed è esattamente questo, il messaggio che Celada intende trasmettere con la sua opera: l’uomo deve costruire con le proprie forze una superiore condizione di ordine e armonia, senza però mai escludere l’elemento irrazionale, la fantasia, l’immaginazione. È proprio questo a rendere l’atmosfera delle sue opere magnetica e segreta, sospesa fuori dal tempo e dallo spazio.
Nel dipinto qui presentato il corpo della donna costruisce lo spazio del quadro e ne indirizza la composizione fortemente obliqua. Le forme sono plastiche, il colore è vividissimo, talmente pulito da evidenziare l’assenza di una reale atmosfera. Fatta eccezione per il vaso, l’ambiente circostante è quasi totalmente spoglio, metafisico e straniante caratteristiche tipiche del Realismo Magico.
La donna è di spalle e il suo volto è coperto, ciò conferisce maggiore mistero. Il dettaglio dello smalto rosso vermiglio sulle unghie cattura l’attenzione dello spettatore sulla mano sinistra della donna, che in un gesto rilassato e casuale quasi accarezza il suo seno.