Giovanni Piancastelli (1845 – 1926), Rome; Rev. Francis Agius (1891-1958), Inwood, Long Island, New York); Henry Glass, Long Island, New York; Neal Glass & Kerry Betensky, Long Island, New York.
Exhibitions
Italian 19th Century Drawings and Watercolors, Shepherd Gallery, New York, April 1976
Literature
R. Olson, Italian 19th Century Drawings and Watercolors: An album. Camuccini e Minardi to Mancini & Balla, Sheperd Gallery, New York, April 1976, cat. no. 184, plate 28
Publications
R. Olson, Italian 19th Century Drawings and Watercolour: An Album. Camuccini & Minardi to Mancini & Balla, Shepherd Gallery, New York, April 1976, n.184, fg. 28.
Da Roma, 16 gennaio 1832, lettera di Ippolito Caffi all’amico bellunese Antonio Tessari: “…Della grandezzadiRomanessunopuòconcepirel’idea,perchéperquantoestetasia,nonarrivagiammaiatanto quantoèinfatto”1. Da una manciata di giorni l’artista è giunto nella città vaticana, meta sognata da tempo, molto tempo. A Venezia, la Venezia retta dagli austriaci, mordeva il freno; le aule dell’Accademia lo soffocavano; e finalmente, con quattro soldi in tasca, riesce a coronare il suo sogno. Lo ospita il cucino Paoletti, buon pittore molto stimato al tempo e con lui inizia una gavetta che sarà poi più breve del previsto: un anno e mezzo dopo ottiene un incarico per realizzare le scenografie del teatro di Tordinona2, la cui ristrutturazione era stata avviata nel 1831 su commissione del proprietario Alessandro Torlonia che ne affidò la facciata a Giuseppe Valadier3 . Inoltre, come lui stesso scrive in una lettera precedente, del 31 marzo 1833, non fa che dedicarsi al disegno e alla pittura dal vero, che egli ritiene, dice, “ilpiùgiustooriginale”. Inizia così, su presumibile spinta del Paoletti che l’aveva consigliato di abbandonare la “pittura di storia” per la quale era decisamente meno portato, la carriera vedutistica di Ippolito : il 1834 è l’anno di tre piccoli, deliziosi capolavori, Trinità dei Monti, della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia4, la FestainPiazzadiSienaaRoma, già della Galleria Di Castro ed ora in collezione privata5, e l’Aranciera di Villa Borghese del Museo di Roma6. In essi si rivela, come già così prematuramente appare evidente, la capacità di Ippolito di rendere la vivacità e la visibilità degli spazi colti dal vero, che egli inizia ad amare con uno straordinario senso della prospettiva e una memoria visiva fortissima. Gli appunti che egli coglieva nei luoghi sono il primo elemento fondamentale della sua creatività. Il disegno che qui stiamo analizzando è un tassello fondamentale per questo momento di giovanile inventiva. Ricordiamo innanzi tutto che la quasi totalità dei disegni di Caffi sono custoditi presso il Gabinetto Stampe e Disegni del Museo Correr di Venezia, grazie alla donazione testamentaria della vedova dell’artista, Virginia Missana (1889); con questo lascito veniva affidato alla città un incredibile patrimonio caffiano: 163 dipinti7 (la più parte di quanto arricchiva la casa-studio di Ippolito nell’anno della morte, salvo una trentina di opere che Virginia aveva destinato al nipote Avon Caffi) e un corpus graphicum esaltante: centocinquanta fogli sciolti e venti taccuini per un totale di circa 1350 fogli. Al di fuori di questo ricchissimo corpus, che copre l’intero arco della vita del pittore, i disegni noti in altre mani sono rarissimi: sembrerebbe quasi che Ippolito fosse più geloso dei propri appunti grafici non che dei suoi quadri; e questo è ben comprensibile perché proprio da quegli appunti scaturivano le immagini pittoriche che tanto lo resero famoso: tutti quei fogli erano una banca-dati inesauribile di creatività, di varianti, di invenzioni colorate, un vaso di Pandora dal quale attingere per creare i suoi fermo-immagine su un mondo che amava, che aveva percorso e raccontato, a se stesso prima che ad altri.
A quanto ci è noto fino ad ora, la veduta dell’Aranceria di Villa Borghese vide la realizzazione di un’unica versione pittorica, quella custodita al Museo di Roma, che si è citata, e che pervenne al Museo romano tramite Giuseppe Avon Caffi, anche questa proveniente dalla donazione di Virginia Missana: custodita nello studio del pittore fin dopo la sua morte, rimane un tenero, primo e raro esperimento di vedutismo che, con gli altri due dipinti citati, si conferma come una prima, promettente prefazione ad un futuro luminoso.
La scoperta di questo disegno si conferma quindi un hapax legomenon di straordinario interesse che si riallaccia alle primarie testimonianze epistolari del pittore e ce ne consegna affascinante documentazione visiva. Minimali le varianti con il dipinto di Palazzo Braschi, e limitate alle “macchiette” – sapiente retaggio “veneziano” – con l’elusione dei gruppetti colti dal vero e sfrondati nel dipinto per dare più forza al passeggio delle carrozzelle sulla destra. La scenografia attenta e prospetticamente perfetta, altro grande culto caffiano, rimane la stessa, e coglie perfettamente l’attimo, come ci si deve attendere da quel perfetto reporter che Ippolito si confermerà perennemente nel tempo.
Annalisa Scarpa
1 Belluno, Biblioteca Civica, ms 740. 2 Belluno, Biblioteca Civica, ms. 740, lettera ad Antonio Tessari, da Roma 13 settembre 1933. “Quest’anno ho l’impresa di dipingere le scene nel primo Teatro di Roma chiamato Tor di Nonna (sic). Nel cominciare il carnevale si spera vedremo l’esito. Entroil mese di Febraio, tempo permettendo, spero di poter fare un’esposizione di otto o dieci quadretti, rappresentanti i punti più interessanti di Roma, nonché i più Pittorici”. 3 R. Giordano, La favola del Torlonia. Un teatro come l’Araba Fenice, Roma 2007 4 A. Scarpa, Ippolito Caffi. Tra Venezia e l’Oriente. 1809 – 1866, catalogo della mostra, Venezia 2016, p.90, n.24 5 A. Scarpa, in Luci del Mediterraneo, catalogo della mostra a Belluno a cura di A. Scarpa, Milano 2005, pp.276-277, n. 68. Il dipinto, firmato e datato sul retro, reca la scritta: Roma 1834 Caffi Ip. Via Vittoria n. 25 P.o Piano: questa iscrizione fondamentale ci documenta l’indirizzo romano di Ippolito, dopo aver lasciato la casa del Paoletti, a soli tre anni scarsi dal suo arrivo a Roma. 6 F. Pirani, in Caffi. Luci del Mediterraneo, catalogo della mostra a Belluno a cura di A. Scarpa, Milano 2005, pp. 277-278, n. 69. 7 Attualmente (dal 1925) sono custoditi presso la Gallerie Internazionale d’Arte Moderna di Ca’Pesaro 157 dipinti. Per il catalogo completo vedi: A. Scarpa, cit., Venezia 2015, con bibliografia precedente. Alcuni di quelli appartenenti alla donazione vennero successivamente dati in comodato al Museo Civico di Belluno, due (due versioni del Bombardamento di Marghera ) concessi al Museo Correr di Venezia.